#125 Jeremy, Oh Jeremy!

marzo 01, 2014

Siamo nel pieno della settimana della moda di Parigi, ogni blogger che si rispetti ha già fatto le valigie da qualche giorno per postare foto su Instagram direttamente dalla Ville Lumière! E io sono da meno? Beh in realtà sì, purtroppo sono in una città che inizia con la P, ma che Parigi non è, che ci volete fare?





Ma dato che sono sempre in ritardo, nella vita di tutti i giorni ovviamente i 5 minuti non li me li toglie nessuno, volevo parlarvi della precedente fashion week, quella milanese. Partendo dal presupposto che a Parigi tutto sembra più bello, più grande e più spettacolare, é inutile che stia qui a propinarvi foto di bellissime fashion editor, stiylist e ragazze super glamour: che cliché! 
Piuttosto volevo parlarvi del mio grosso disagio circa un uomo avvistato a Milano durante la settimana della moda. Ok dire uomo é riduttivo, é uno stilista, un fashion designer, un creatore eccentrico e sopra le righe; lo statunitense Jeremy Scott. 



Lo lo so che ora molte di voi mi odieranno additandomi come l'anti-Cristo: tu che hai osato denigrare quel genio creativo e sfrontato di Jeremy, come osi! 
Ma anche di fronte alla sua ultima creazione, la sua prima collezione per Moschino, non posso che confermare i grossi dubbi che ho su di lui. Per Moschino ha proposto una sfilata che inneggiava al consumismo, alle icone che lui dice essere state parte del suo passato, dal jung food di Mc Donald's al cartone animato Spongebob, con modelle che sfilavano con abiti brandizzati che ricordavano il cioccolato, la birra e le patatine fritte. 






É indubbia la forte simpatia e spensieratezza che si può provare vedendo quegli orribili abiti, ma quello che mi chiedo davvero è perché? Ne avevamo davvero bisogno? E non mi venite a dire che in un momento di forte crisi bisogna anche sapersi prendere in giro, perché io sono assolutamente d'accordo, la moda é divertimento, gioco, vitalità, ma come in tutte le cose della vita detesto quando queste sono fatte senza un criterio, così tanto per suscitare un po' di chiacchiericcio, tra l'altro in una settimana della moda milanese davvero di altissimo livello, dove le donne sono tornate ad essere donne anche con il tacco basso, i maglioni morbidi, i cappotti cammello e le forme più confortevoli. 





Potete notare anche voi il notevole scatto di genere tra Gucci, Max Mara e Jeremy insomma. 
E non voglio fare quella polemica che parla senza informarsi, senza conoscere ciò che dico, date a Cesare quel che è di Cesare, io sono un'appassionata di moda care le mie donne, anche se il mio portafogli spesso piange, io sono sempre sul pezzo e non smetto di sognare. Ma torniamo a Jeremy, ragazzotto statunitense cresciuto a Kansas City nel Missouri, studi di fashion design a New York e poi salto di qualità a Parigi come assistente di Jean Paul Gautier e pupilo di Karl Lagerfeld. Periodi di silenzio e alcuni di luce quelli della carriera di Jeremy. Per me soprattutto momenti bui. 
Da tre anni collabora con Adidas per la linea Original by Original e cosa propone? Modelli importabili, orribili, viene addirittura accusato di plagio per alcuni, colori pop, troppo pop persino per Andy (Warhol) al quale lui dice di ispirarsi da sempre. Accostamenti di fantasie talmente kitsch da sembrare troppo persino per uno spettacolo circense. 








Non felice firma anche una collezione per la linea di borse francesi Longhchamp. Eccone un triste esempio. 


Credo di avere dalla mia, pur non possedendo nessuna capacità artistica manuale, un grosso senso estetico, derivatomi anche dai miei studi artistici, e per questo con il cuore sereno e leggero mi sento di poter affermare che a me JEREMY SCOTT FA SCHIFO. Andrò contro corrente, e magari non capirò la portata innovativa delle sue magiche creazioni, ma sono dell'idea che a volte lo scalpore, il voler essere troppo oltre il limite, troppo esagerato, nella disperata ricerca di lasciare il segno, di dare un messaggio, produca solo gli effetti contrari. Non vedo nessuna innovazione nel suo modo di fare moda, mi sembra più un voler calcare la mano per voler affermare io ci sono, anche io faccio parte di questa macchina da guerra che è la fashion industry. A volte però c'è poco da fare, con certe predisposizioni o ci nasci o puoi anche passare una vita a cercarle, ma se le cerchi nella direzione sbagliata, forse non le troverai mai. 



P.S. In ogni caso in questo periodo dell'anno i suoi abiti possiamo usarli come maschere di Carnevale! 
E voi cosa pensate di Jeremy?

Un abbraccio
I.

3 commenti:

  1. Quando ho fatto io i medesimi discorsi mi sono sentita rispondere "è arte!". Si certo, è arte per gli italiani, è business per gli americani. Basta vedere anche l'esempio di Marchesa, parlando di haute Couture. Non aggiungo altro. Anzi si... ti ricordi di me? :) Vivo anch'io nella tua stessa P. e abbiamo bevuto un caffe al duomo 2 anni fa... ;)

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    1. Ciao tesoro! Certo che mi ricordo come stai? Ho visto il tuo profilo instagram, come sei bella! Come vanno gli studi? Sei ancora a padova?

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    2. Ciao cara ��. Eh ma instagram fa miracoli ! Sto benino, febbre a parte. Studi? Finalmente ho finito, mi sono laureata lo scorso anno, ma sono a Padova fissa ormai, residenza e casa inclusa ��

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Pubblicato da Lipstick for Breakfast